Breve diario di viaggio
“Arezzo è, come tutti sanno, città di monumenti insigni. A noi basterà ricordare che, in San Francesco, Piero della Francesca tocca uno dei vertici della pittura con il ciclo d’affreschi sulla Storia della Croce; ed è un’arte, la sua, così assoluta, priva di appigli discorsivi o sentimentali, che toglie la voglia di aggiungervi qualsiasi facile elogio declamatorio. Quasi un riverbero del prisma perfetto del ciclo d’Arezzo è l’altro affresco di Piero della Francesca, la gloriosa Resurrezione di Sansepolcro.”
Guido Piovene, Viaggio in Italia
Il viaggio inizia ad Arezzo e proprio con l’elogio alla perfezione aretina voglio intraprendere questo breve “sunto” di viaggio. Arezzo è la perfetta città a misura d’uomo: alla bontà dei sapori e alla ineguagliabile antichità medievale si unisce la quiete che si respira nel centro storico: qui il paesaggio chiude in un abbraccio il turista che ama e insegue la bellezza. Le chiese sono “sopravvissute” nel loro stile originario, esenti da rimaneggiamenti più o meno vistosi. Ogni edificio di culto della città rappresenta un’immersione unica nel passato…
Non per nulla ho riportato la citazione di Piovene riguardo San Francesco, freddo edificio che racchiude in sé quel cuore pulsante, quel gioiello che è il ciclo pittorico di Piero della Francesca. Indescrivibile a parole, si può solo vivere dall’interno, osservando con occhi lucidi dall’emozione le variopinte pareti della cappella Bacci.
La cattedrale dei Santi Pietro e Donato, il Duomo, questo “tronco ligneo” privo di transetto e slanciato solo dall’acuminato campanile, si erge sul proprio podio rialzato come il re che osserva i suoi sudditi. Infiniti tesori poco conosciuti e pregni di storia si celano al suo interno, oscuro e slanciato.
Nel suo apparire appesantita dalle masse murarie, l’antica e maestosa Santa Maria della Pieve è il risultato della purezza delle forme romanico-gotiche, riuscendo a trasmettere al visitatore la sensazione di trovarsi in un mondo a parte, diversissimo dalla caotica esistenza contemporanea.
E così si conclude il mio ricordo di Arezzo: seduto tra inimmaginabili profumi e squisiti sapori nel piccolo ristorante tipico e locale di fronte a questa mastodontica facciata, alle pendici della torre “dei cento buchi”, cullato dall’armonioso silenzio della città.
“…il più bel dipinto del mondo.”
Aldous Huxley, Lungo la strada
Non saprei dire se la “Resurrezione” di Piero della Francesca ammirata, lodata e scrutata fino a sentirmene inevitabilmente parte sia davvero il dipinto più bello del mondo, come scrisse Huxley. Sicuramente furono parole profetiche dato che salvarono quella che sicuramente è tra le opere più incredibili del mondo: fu una fortuna che il capitano inglese Anthony Clarke avesse letto il libro di Huxley e decidesse di salvare il capolavoro dall’inesorabile bombardamento.
Oggigiorno Sansepolcro si identifica con il dipinto: la città, o meglio la sua identità geopolitica e culturale, non esisterebbe senza di esso ed esso non sarebbe esistito senza le cure della città.
“Il visitatore ha comunque la sensazione di trovarsi in un luogo della mente, in un’astrazione di città, non in una piazza reale. Per quanto possa essere affollata, questa piazza sembra sempre deserta e questo è il suo fascino, perché essa sussiste in quanto traduzione di un’idea.”
Attilio Birilli, Il grande racconto delle città italiane
Visitare Pienza è semplicemente un’esperienza. Non è la semplice città d’arte o il grazioso borgo che cela un grande patrimonio culturale: è l’immersione pura e totale nella mente di un uomo, Enea Silvio Piccolomini (Papa Pio II), che seppe portare il concetto meraviglioso e perfettamente proporzionato di città ideale nella realtà, attuandolo grazie alle doti incredibili dell’architetto Bernardo Rossellino.
Pienza è la realizzazione dei canoni umanistico-rinascimentali, la trasposizione della prospettiva, della geometria e dell’equilibrio nella vita di ogni giorno.
Pienza è la cittadina che non si vorrebbe mai abbandonare una volta osservata in ogni suo angolo.
Pienza è semplicemente la creazione più bella del pianeta: dopo aver camminato tra le sue vie, si perde un poco l’ammirazione per tutto ciò che verrà dopo.
Pienza è il Santo Graal.
“Ma soprattutto vorrei rifare a piedi, sacco in spalla, la strada da Monte San Savino a Siena, costeggiare quella campagna di ulivi e di viti, di cui risento l’odore, percorrere quelle colline di tufo bluastro che s’estendono sino all’orizzonte, e vedere allora Siena sorgere nel tramonto con i suoi minareti, come una Costantinopoli di perfezione, arrivarci di notte, solo e senza soldi, dormire accanto a una fontana ed essere il primo sul Campo a forma di palmo, come una mano che offre ciò che l’uomo, dopo la Grecia, ha fatto di più grande. Sì, vorrei rivedere la piazza inclinata di Arezzo, la conchiglia del Campo di Siena […]. Quando sarò vecchio, vorrei che mi venisse concesso di tornare su quella strada di Siena, che non ha eguali al mondo, e di morirvi in un fossato, circondato soltanto dalla bontà di quegli italiani sconosciuti che amo.”
Albert Camus, Taccuini
Concludo il mio breve diario di viaggio con una citazione di Camus che, oltre a riassumere mirabilmente i sentimenti del visitatore della meravigliosa Siena, descrive puntualmente la grandezza culturale della Toscana.
Siena è il cuore medievale incorrotto della regione e la si può scrutare sia dall’esterno, dall’alta Torre del Mangia a oltre ottanta metri d’altezza e dal “facciatone” del duomo: due prospettive diverse di osservare il paradiso; sia dall’interno, tra le stanze affrescate del Palazzo civico, ove risplende di unica bellezza il ciclo pittorico della Sala dei Nove, superbamente realizzato da Ambrogio Lorenzetti e insigne rielaborazione di storia dell’arte, politica, sociale, e nel Duomo, ove la bicromia dei suoi marmi immerge lo spettatore in un mondo alternativo, sospeso, infinito.
Lascio la Toscana con la sensazione mai banale che l’Italia, ancora una volta, tralasciandone gli orribili difetti contemporanei, rimane il Paese più bello al mondo.